Partendo dalle suggestioni offerte da Giovanni Di Paola (Filosofandofacile), che mi sento di ringraziare a titolo personale, ho sentito l’esigenza di riprendere il saggio kantiano “Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?”, o meglio, la lettura foucaultiana del testo.
Un testo che riparte da una questione, un punto in sospeso lasciato dal filosofo di Konigsberg. Was ist Aufklärung? È una domanda intrigante e che ancora oggi può, almeno filosoficamente parlando, dare molti spunti di riflessione.
Tra i vari punti toccati da Michel Foucault nella sua rilettura, ve ne sono almeno due che mi sento di portare alla vostra attenzione: il tema della modernità (o della irrisolutezza) e quello del razonieren.
Il primo punto mi (e ci) ricorda come sia una questione ancora irrisolta: l’Aufklärung preso non come fase storica ma come concetto filosofico è una nascita, è un riflettere sullo hic et nunc degli accadimenti senza che questi siano giunti alla loro parabola discendente.
Utilizzare insomma la critica illuminista per “criticare illuministicamente” la fase in corso. L’Ausgang kantiano (lett. uscita, esito, un “fuori”), che pare in primo luogo essere negativo e non compiuto è anche un’opportunità, un modo per rendere l’Aufklärung una riattivazione permanente di un atteggiamento.
Foucault a tal proposito parla di un tipo di εθος (ethos – norma di vita), che è forse la vera eredità di questo momento storico e di pensiero: un atteggiamento di critica, permanente, a ciò che ci circonda, un continuare a interrogare se stessi e l’Altro.
Un invito insomma valido “oggi come ieri” e che deve partire da quel termine, razonieren, che non è un pensare in senso ampio ma sta ad indicare la facoltà di una ragione che ha come fine essa stessa: “razonieren è ragionare per ragionare”.
Ma ragionare su che cosa? È qui che velatamente il filosofo francese si fa più “socratico”, andando a rileggere il γνῶϑι σαυτόν (gnothi sautón – conosci te stesso) del mondo greco trasformandolo in una ontologia storica dell’umanità occidentale. Andare a scavare nel nostro passato per capire come siamo fatti ma soprattutto (dirà infatti “genealogica nella sua finalità e archeologica nel suo metodo”), per aiutarci a ragionare sulle possibili destinazioni del nostro viaggio.
Sento anche di dover rilanciare un ulteriore tema: come attuare questo nostro εθος. Lo si fa avendo un atteggiamento limite, ovvero, usando le parole di Foucault, stando “sulle frontiere per mettersi alla prova della realtà e dell’attualità, per afferrare i punti in cui il cambiamento è possibile e auspicabile”. Una critica, perciò, che non deve sfociare in bizantinismi, nella sofistica, ma deve influenzare pesantemente e coscientemente la nostra prassi. Una critica, insomma, che deve in un certo qual modo cambiare e migliorare le nostre soggettività e il mondo che ci circonda.
Perciò, a voi che state leggendo, lascio un quesito pesante come un macigno: secondo voi, was ist Aufklärung?
Cfr. Kant, Foucault, Che cos’è l’illuminismo?, Mimesis edizioni, 2012.
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