Letture novecentesche di Spinoza: Gilles Deleuze (13)

Sappiamo che nel pensiero di Baruch Spinoza (1632-1677) il modo è ciò si concepisce solo mediante altro e non esiste in sé, ma solo come affezione dell’attributo. Le cose per Spinoza non sono “esseri” perché solo Dio possiede l’essere, ma sono appunto modi dell’unica sostanza infinita. Ma come esiste il modo?  Gilles Deleuze lo spiega nel capitolo tredicesimo del suo saggio Spinoza et le problème de l’expression (1968, tr. it. Spinoza e il problema dell’espressione, Quodlibet, Macerata, 1999) dal titolo “L’esistenza del modo”. Il modo non esiste per derivazione dalla sua essenza. Il passaggio dell’essenza di un modo alla sua esistenza non deve mai essere inteso come un passaggio dal possibile al reale. Questo perché la distinzione tra l’essenza e l’esistenza non è mai una distinzione reale. L’essere dell’essenza (l’esistenza dell’essenza) è la posizione dell’essenza in un attributo di Dio. L’essere dell’esistenza (l’esistenza della cosa stessa) è ancora una posizione dell’essenza, ma fuori dall’attributo, perché è in relazione ad un certo tempo e ad un certo luogo distinti estrinsecamente. Attenzione, però: Spinoza non dice che i modi esistenti non sono più compresi nella sostanza, ma che non sono “soltanto” compresi nella sostanza e nell’attributo. La distinzione estrinseca dalla sostanza è sempre quindi una distinzione modale. La quantità estensiva appartiene nello stesso tempo all’attributo e alla quantità intensiva, ma è una forma di esteriorità puramente modale. Essa presenta i modi esistenti come esterni all’attributo e come esterni gli uni agli altri, ma è contenuta, come tutti i modi esistenti, nell’attributo che modifica. Per questo l’idea di una distinzione estrinseco-modale non contraddice affatto il principio di immanenza che vuole che i modi, passando all’esistenza, continuino ad appartenere alla sostanza e ad essere compresi in essa. Ma qual è allora il significato della distinzione modale estrinseca? Deleuze risponde dicendo che, quando i modi sono oggetto di una posizione estrinseca, non esistono più nella forma complicata che appartiene loro fintantoché le loro essenze sono comprese nell’attributo. La loro nuova esistenza è un’esplicazione: esplicano l’attributo, e ciascuno di essi lo esplica “in modo certo e determinato”, vale a dire conformemente ai rapporti che corrispondono alle loro essenze. L’espressione modale nel suo complesso è costituita dal doppio movimento della complicazione e dell’esplicazione. La teoria dell’esistenza in Spinoza comprende, quindi, tre elementi: (i) l’essenza singolare che è un grado di potenza o di intensità; (ii) l’esistenza particolare, composta sempre da infinite parti estensive; (iii) la forma individuale, vale a dire il rapporto caratteristico o espressivo che corrisponde eternamente all’essenza del modo, mediante il quale infinite parti si rapportano anche temporaneamente a tale essenza. In un modo esistente, l’essenza è un grado di potenza; questo grado si esprime in un rapporto che sussume infinite parti. Di qui la formula di Spinoza: le parti, essendo “governate dall’universale natura…sono costrette ad adattarsi le une alle altre giusta le esigenze dell’universale natura”.

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