Massimo Donà, attuale docente di filosofia Teoretica (nello specifico Metafisica) presso l’università San Raffaele di Milano, in un suo saggio osserva Foucault sulla questione dello Stato e dei sudditi.
Foucault scrive sulla nascita della bio-politica e sostiene che la scelta di parlare della pratica di governo sia un modo esplicito di non considerare un certo numero di nozioni come ad esempio quello di sovranità, di sudditi, di società civile.
Donà invece tenta di fare l’esatto contrario: ciò serve per vivere con razionalità attuale e presente, i dettagli che certamente non devono essere by-passati come se fossero scontati.
Tale pratica porta a riflettere sulla realtà. Dovrebbe trattarsi di evitare una riduzione storicistica rivolta a sminuire il ruolo e valore del popolo piuttosto che esaltare sempre una forma di sovranità associandola alla forma di governo in modo generale. Donà parte da una decisione doppia: sia teorica (parlarne e chiarire il ruolo di tutti), che metodologica (decidere che cosa fare, con quali azioni?).
Foucault ed altri contemporanei suoi anche italiani del tempo sottolineano come la politica sia chiamata a rispondere alle esigenze della vita e della morte. Nel dettaglio c’è una distinzione: la sovranità coinciderebbe (condizionale obbligatorio) con il solo diritto di dare la morte, mentre la bio-politica promuoverebbe l’accrescimento della vita, in ogni sua forma.
Possano i governanti di oggi, con scienza e coscienza, leggere questo interessante trattato di Donà che osserva Foucault su temi caldi poiché stiamo cancellando i valori che ci avevano reso Umani.
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