Il ciclo sulle letture novecentesche del pensiero di Baruch Spinoza (1632-1677) prosegue con l’esame di un importante contributo offerto dal filosofo francese Robert MISRAHI (1926-2023), nato da una famiglia di ebrei immigrati dalla Turchia in Francia e da poco deceduto. Partiamo da un volume pubblicato anche in Italia (Misrahi, R., Spinoza, la vita, il pensiero, testi esemplari, Accademia-Sansoni editori, Firenze, 1970) costituente un’agile sintesi della filosofia spinoziana. Nell’introduzione a tale sintesi Misrahi illustra, con efficaci pennellate argomentative, la freschezza e la forza dello spinozismo, e la sua perdurante attualità. Anzitutto egli afferma che “il compito primo di Spinoza è la lotta contro la repressione psichica (che dopo Hegel si chiamerà alienazione e che in lui si chiama dipendenza e costrizione: superstizioni, passioni malvage, violenza, tirannia politica, dogmi religiosi e sociali)” (Misrahi, R., Spinoza, cit., p. 17). Questa lotta, in particolare, ha due obiettivi ben precisi: il principio del finalismo nella Natura e il diritto assoluto del Monarca. Come è noto, Spinoza ha una visione deterministica della Natura, da cui l’uomo non può separarsi nella sua necessaria causalità, quasi fosse “un impero in un impero”. Scrive Misrahi che la forza polemica e liberatrice di tale concezione va presa sul serio dai lettori del XX secolo, perché essa non è tanto un’ontologia, quanto un’etica, che è, però, tutto tranne che è una morale nel senso tradizionale del termine. Per Misrahi è propriamente ed originariamente spinoziana la soppressione dell’idea tradizionale di moralità e l’instaurazione di una nuova preoccupazione, che è quella di accedere contemporaneamente alla libertà e alla letizia. “Più semplicemente, la felicità richiede la libertà, si confonde con essa, e quest’ultima è inseparabile dalla conoscenza e dalla lucidità più rigorosa (…) la letizia risiede nel godimento di una certa struttura d’essere, e quest’ultima non è nell’altro che la conoscenza dell’unione e dell’accordo dello spirito con la totalità della natura” (Misrahi, R., Spinoza, cit., pp. 26-27). La libertà umana non riguarda quindi la contingenza della volontà, ma la sovranità dell’intelletto che dipende dal nostro potere di riflessione, cioè dall’indipendenza di una ragione che comprende tutto attraverso se stessa e solo se stessa. Non è facile entrare in questo modo di pensare, così originale. Misrahi lo sa, ma subito avverte: “in generale dapprima non ci si avvicina troppo a causa dell’accecamento suscitato dalla troppo viva luce del rigore e della verità, ma una volta fatto il salto, non è possibile non divenire i più fedeli amici di questo pensiero, che forse non è altro che un fervente appello all’amicizia degli uomini e alla vera libertà” (Misrahi, R., Spinoza, cit., p. 23). Il riferimento all’amicizia degli uomini si fonda sul fatto che il bene sovrano della ragione deve essere comunicato e comunicabile. Questo perché “Nulla è più utile a un uomo che vive secondo ragione, che un altro uomo che vive sotto la regola della ragione” (Spinoza, Ethica).
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