Abbiamo visto nel quinto della serie di questi articoli dedicati alle passioni in Baruch Spinoza (1632-1677) come egli definisca le due passioni per lui fondamentali: la gioia e la tristezza. Dopo aver visto nei due articoli precedenti, il sesto ed il settimo, come possano interagire nel presente in modo sincrono tra loro, vediamo invece ora come gioia e tristezza si pongono rispetto al passato ed al futuro. Spinoza, infatti, si sofferma considerare come affetti legati a immagini del passato o a immagini proiettate nel futuro possano colpire la nostra mente come se fosse colpita da immagini di cose presenti. Ci sono immagini, cioè, in forza delle quali la mente afferma la forza di esistere del suo corpo, maggiore o minore, rispetto a prima. Questa forza maggiore o minore non si genera solo quando l’immagine riguarda una cosa presente, cioè di cui abbiamo la possibilità di percepirne la presenza con l’interezza dei nostri cinque sensi, ma anche quando la nostra mente pensa questa cosa come passata o futura, provando, però, le stesse passioni che proverebbe in presenza. È la legge dell’intemporalità dell’immagine-affetto: “il corpo è affetto dalla sua immagine come se la cosa stessa fosse presente” (Etica, III, Proposizione, XXX, Scolio I, in Spinoza, Opere, I Meridiani Mondadori, 2007, p. 915). Poiché, però, questa distanza temporale della cosa può portare a molti dubbi sul suo esito, Spinoza analizza con finezza come l’insorgenza di tali dubbi rendano incostante l’affetto che proviamo di fronte alla cosa, incidendo sul modo in cui avvertiamo la forza d’esistere, maggiore o minore, determinata dalla cosa stessa, proprio perché essa non è presente, ma è passata o futura. E così introduce quattro passioni che, come per gemmazione, diventano le modalità con cui gioia e tristezza si pongono rispetto alle cose future: speranza, paura, sicurezza, disperazione. “La speranza non è altro che una gioia incostante nata dall’immagine di una cosa futura, del cui esito dubitiamo. La paura, al contrario è una tristezza incostante, nata anch’essa dall’immagine di una cosa dubbia. Se da questi affetti si toglie il dubbio, dalla speranza deriva la sicurezza e dalla paura deriva la disperazione, ossia gioia o tristezza nata dall’immagine di una cosa che abbiamo sperato o temuto” (Etica, III, Proposizione, XI, Scolio II, cit., pp. 915-916). Se invece ci si pone rispetto alle cose passate, ecco nascere altre due passioni: gaudio e rimorso. “Il gaudio, inoltre, è la gioia nata dall’immagine di una cosa passata del cui esito abbiamo dubitato. Il rimorso è la tristezza opposta al gaudio” (Etica, III, Proposizione, XI, Scolio II, cit., p. 916). Va notato come queste caratteristiche di incostanza e di fluttuazione portino Spinoza a considerare sfavorevolmente anche la speranza, che pur essendo una determinata specie di gioia, per questa suo essere soggetta alle immagini di altre cose finché non diventi certo l’esito della cosa che ne è l’oggetto, egli ritiene che sia “unita tuttavia ad una certa tristezza” (Breve trattato su Dio, l’uomo, la legge ed il suo bene, IX, 3, cit., p. 151).
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