Nell’introduzione alle Ricerche logiche,[1] Husserl pensa la fenomenologia come un programma di ricerca che consta di tre caratteristiche molto particolari:
1) Questo programma dovrebbe essere condotto da almeno una generazione di studiosi/fenomenologi;
2) Pone degli obiettivi: analisi descrittiva e indagine logica;[2]
3) Gli studiosi delle generazioni successive non troveranno riparo nella base evidenziale di quei ricercatori che dispongono di un laboratorio.[3]
La fenomenologia husserliana è un ambizioso progetto filosofico, il cui scopo è la costruzione di una razionalità rigorosa[4] che si pone come valida alternativa[5] alla razionalità scientifica (scienze esatte, empiriche, naturali, positive etc.). A differenza di queste ultime che contemplano gli oggetti empirici,[6] la fenomenologia ha come obiettivo le “cose stesse”,[7] ossia i fenomeni.[8] In un celebre passo delle Ricerche logiche Husserl espone uno dei motti generali della sua fenomenologia:
«Wir wollen auf die Sachen selbst zurückgehen».[9]
Nei piani del filosofo la fenomenologia è scienza dei fenomeni, ossia di ciò che si manifesta in quanto tale alla coscienza,[10] o anche scienza dei vissuti[11] che si manifestano nell’esperienza. La scienza dei fenomeni deve limitarsi solo a ciò che si manifesta autenticamente allo sguardo, dunque deve mirare ai fenomeni. Per tale motivo la fenomenologia è una scienza eidetica,[12] ciò indica che essa non è una scienza di fatti o di oggetti empirici alla stregua delle scienze naturali, ma di essenze universali e necessarie, di a priori. Ciò non significa che la fenomenologia husserliana disprezzi il punto di vista empirico.[13]
In quanto tale essa si pone come scienza dell’apodittico:[14]
«Solo il fenomeno è massimamente evidente, poiché solo questo si manifesta originariamente alla coscienza e in quanto tale è apodittico; l’oggetto è una costruzione a posteriori, è l’insieme di tutti i modi (fenomeni, vissuti) in cui si manifesta l’oggetto. Quest’ultimo non è originario, non è apodittico, non è reale, è una operazione successiva, una sorta di illazione.».[15]
In quanto scienza dell’apodittico la fenomenologia non ha solo la pretesa di mirare alle “cose stesse” e dunque di essere una filosofia dell’immediatezza o dello sguardo originario,[16] ma vuole rintracciare la verità ultima delle cose. La fenomenologia ha la pretesa assolutistica dell’episteme greca,[17] vuole cogliere il nucleo saldo e massimamente evidente, quel fondamento[18] originario e assolutamente certo che sta alla base di ogni conoscenza o forma di sapere. Da qui si può evincere l’ambizione del progetto fenomenologico husserliano, ovvero di una filosofia come scienza rigorosa.[19]
Infine la fenomenologia è anche una filosofia della soggettività e della coscienza.[20] Nelle ricerche logiche (quinta Ricerca) Husserl ci fornisce una serie di significati, una «plurivocità del termine coscienza.».[21] Egli ne evidenzia tre principali,[22] di cui il terzo è quello fondamentale.[23] Per Husserl la coscienza non è panintenzionale[24] come per Brentano ma è integralmente fenomenica.[25] Inoltre la coscienza non ha i caratteri brentaniani e meinonghiani della aspettualità[26] e della non esistenza.[27] Husserl parte dalla tesi brentaniana della rappresentazione[28] e dai tre problemi[29] che Brentano lascia in eredità ai suoi allievi. La quinta Ricerca logica[30] può essere definita come una glossa alla tesi brentaniana della rappresentazione, infatti nell’ultimo capitolo di questa Ricerca (il capitolo sesto)[31] il filosofo enumera ben tredici significati di rappresentazione, di cui il primo[32] è quello rilevante.
Nel panorama filosofico attuale, la fenomenologia è una delle poche piattaforme stabili che tentano di equilibrare in maniera pacifica e coerente quei tre ambiti del sapere che nella letteratura filosofica e scientifica contemporanea sono: una teoria dell’esperienza o della coscienza,[33] una analisi filosofica volta alla giustificazione dei principi, del linguaggio e delle operazioni logiche[34] e una teoria della conoscenza nelle sue diverse forme.[35] Attualmente, il piano di lavoro di coloro che si occupano di fenomenologia, risente ancora dell’impostazione husserliana. Per usare l’espressione di un noto fenomenologo contemporaneo: «La fenomenologia è un cantiere dei lavori in corso.».[36]
Concludo questo articolo con una considerazione personale che mette in luce un affascinante paradosso della conoscenza. Se da un lato il carattere assolutistico, universalistico e radicale della fenomenologia husserliana sembrerebbe un salto nel vuoto, un affidarsi a una fede cieca, o una dispotica pretesa di soverchiare e soggiogare ogni forma di conoscenza, in realtà ne rappresenta il vertiginoso punto di forza. La pretesa di raggiungere un fondamento saldo e autoevidente consente all’intero meccanismo fenomenologico di mettersi in azione, perché la fenomenologia non è soltanto contemplazione delle “cose” nella loro essenza, ma anche e necessariamente azione. Ai detrattori del fondazionalismo vorrei ricordare che senza fondazione non possono sussistere né giustificazione né evidenza, ossia i criteri fondamentali per costituire una scienza degna di tale nome. Anche il dubbio per essere esercitato necessita di un fondamento o se preferite di un terreno comune.[37] Ai detrattori della metafisica ricordo invece che ogni approccio teorico, scientifico, filosofico ha le sue metafisiche implicite.[38] Ecco cosa ci insegna ancora oggi la fenomenologia husserliana, una lezione che affonda le proprie radici nel fondazionalismo internalista e nella metafisica cartesiane, ma soprattutto nell’ideale platonico della «vera» scienza. D’altronde la ragione è quel criterio del chiedere e rendere conto in ultima istanza attraverso il discorso.[39] Ma forse Whitehead non aveva torto… [40]
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[1] È uno dei principali testi husserliani, il manifesto programmatico della sua fenomenologia. Le Ricerche logiche saranno pubblicate in due edizioni: la prima risalente al 1900-1901; la seconda al 1912-1913, anche se la Sesta Ricerca sarà aggiunta solo nel 1921.
[2] S’intende la connessione e la collaborazione tra quegli ambiti autonomi della conoscenza che sono: una filosofia della mente, una filosofia della logica e una teoria generale della conoscenza.
[3] Il contesto storico è quello di inizio Novecento, dove per laboratori s’intendono quelli degli psicologi.
[4] Essa assolve per Husserl il compito di teoria della scienza, ossia di scienza universale sulla quale vanno fondate tutte le altre.
[5] Questa razionalità si pone come valida alternativa a quella scientifica poiché quest’ultima non è capace di mostrare come stanno le “cose” nella loro essenza, solo la fenomenologia può farlo. Husserl sostiene che le scienze naturali sovrappongano l’essenza dei fenomeni con una sorta di abito ideale «IdeenKleid», ossia con le loro strutture logiche e matematiche, e che quindi abbiano quantificato e matematizzato la natura, il mondo e tutto ciò che ci sta intorno.
[6] Agli occhi di Husserl le scienze naturali peccano di “obiettivismo”, in quanto esse sono mere scienze di fatti o di oggetti. Il loro punto di partenza è l’esistenza di oggetti.
[7] «Il voler procedere verso l’essenza atemporale dei fenomeni, il voler “tornare alle cose stesse”, porta la Fenomenologia ad intraprendere una strada di ricerca del tutto nuova ed autonoma, che prende le distanze dall’ingenuo atteggiamento naturalista, come dal Relativismo, dallo Psicologismo, dallo Storicismo e da tutte le tendenze culturali che approdano ad una concezione debole e relativista della verità.», articolo di Alessandro Benigni, “Introduzione alla fenomenologia di Edmund Husserl capitolo 2. La novità della fenomenologia.”
[8] Come suggerisce l’etimologia della parola greca “phainòmenon”, per fenomeno Husserl intende ciò che si manifesta. «Ciò che appare nel suo apparire», non l’oggetto. Il fenomeno husserliano ha due lati o correlati: il dato che appare e la coscienza a cui si manifesta. Ciascun fenomeno è una relazione tra un dato originario e il suo modo di datità, questa relazione è l’intenzionalità. Quest’ultima in Husserl è caratteristica non di tutta la coscienza ma solo di certe operazioni di coscienza, i vissuti intenzionali.
[9] «Noi vogliamo tornare nuovamente alle cose stesse», Edmund Husserl, Ricerche logiche.
[10] Dell’apparire vissuto di qualcosa.
[11] «Erlebnisse».
[12] Delle essenze o degli invarianti. La fenomenologia come scienza dell’esperienza, come scienza a priori delle essenze universali.
[13] «Una fenomenologia, che intenda l’esempio come nesso tra individuo e forma e la comprensione dei concetti empirici come sua principale vocazione, non può che essere una fenomenologia dal punto di vista empirico.», Felice Masi, Fenomenologia dal punto di vista empirico, Fammi un esempio! Un’introduzione, p.15.
[14] Di ciò che è massimamente evidente.
[15] Canale Youtube professor Lucio Cortella, “video “Husserl-1. La fenomenologia”.
[16] Il “Theorein” greco, lo sguardo senza mediazioni.
[17] In Platone è il sapere universale che si contrappone alla doxa, cioè all’opinione dell’individuo. Il sapere che sta in piedi da sé, sulle proprie fondamenta. In un saggio del 1929, Husserl scrive:
«In un senso nuovo la scienza ha la sua origine nella fondazione platonica della logica, intesa come luogo dell’indagine sulle esigenze essenziali del «vero» sapere e della «vera» scienza, nel quale perciò devono essere messe in luce le norme secondo cui possa costituirsi una scienza che tenda consapevolmente ad una universale legalità normativa e sia in grado di giustificare consapevolmente il proprio metodo e la propria teoria.», Edmund Husserl, Logica formale e trascendentale, Introduzione, p.19.
[18] “Grund”.
[19] Un saggio di Husserl che risale al 1910 s’intitola «Philosophie als strenge Wissenschaft».
[20] La fenomenologia husserliana riscopre il soggetto in quanto luogo della manifestazione, poiché i fenomeni si manifestano originariamente alla coscienza.
[21] Questo è il titolo del primo paragrafo del capitolo primo della Quinta Ricerca logica, Edmund Husserl, Ricerche logiche, Quinta Ricerca capitolo primo, p.469.
[22] Husserl prende in esame esclusivamente i tre concetti di coscienza che afferiscono al suo campo di interessi:
«1. La coscienza come compagine complessiva fenomenologica reale (reell) dell’io empirico, come trama dei vissuti psichici nell’unità della corrente dei vissuti. 2. La coscienza come interno rendersi-conto (Gewahrwerden) dei propri vissuti psichici. 3. La coscienza come designazione comprensiva degli «atti psichici» o dei «vissuti intenzionali» di qualsiasi genere.», Edmund Husserl, Ricerche logiche, Quinta Ricerca capitolo primo, p.469.
[23] Il significato di coscienza come vissuto intenzionale.
[24] In questa sede Husserl non prende in esame la coscienza “tout court” (ossia la coscienza nella sua globalità), ma soltanto la coscienza intenzionale e dunque quella epistemica, infatti secondo il filosofo moravo essa non è tutta intenzionale come per il maestro Brentano, ma una parte di essa non lo è. L’intenzionalità per Husserl non è caratteristica intrinseca della coscienza ma solo di certi vissuti di essa. Ad esempio, in determinate condizioni il sogno è intenzionale (quando ricorrono le immagini, i luoghi, i suoni), quando invece non ricordiamo ciò che abbiamo sognato (o nel caso del sogno senza immagini) questi sono esempi di vissuti non intenzionali. Quindi la coscienza è parzialmente intenzionale, solo quando compie o realizza determinati riferimenti.
[25] Caratteristica intrinseca della coscienza è la fenomenicità, ossia l’accorgersi della produzione di una conseguenza o di un effetto quando c’è qualcosa che si manifesta alla coscienza. Dunque la coscienza è integralmente fenomenica ma parzialmente intenzionale.
[26] Per Brentano l’intenzionalità sembra caratterizzata dal fatto di essere una prospettiva, sembra legata all’aspetto o agli aspetti che qualcosa può avere. Dire che l’intenzionalità è legata all’aspettualità significa tre cose: 1. Essa è legata a una possibilità; 2. È legata all’intensionalità e dunque al particolare; 3. L’oggetto non costituisce il riferimento diretto dell’atteggiamento intenzionale, ma rappresenta il fulcro di una serie di possibilità che sono correttamente ascrivibili a quel punto centrale. Nel caso di un giudizio, questo tipo di intenzionalità prende in esame non l’oggetto bensì ciò che di esso si predica. L’intenzionalità in questo caso non è il riferimento perché non c’è l’oggetto come riferimento, dunque non viene valutata nella sua funzione di puntare o tracciare l’oggetto.
[27] Per non esistenza s’intende secondo Kazimierz Twardowski una caratteristica dell’oggetto intenzionale (il quale è sempre irreale) di un qualsiasi atto possibile. Husserl qui è estremamente critico poiché è convinto che il carattere della non esistenza non c’entra nulla con l’intenzionalità. Infatti secondo il filosofo l’esistenza o la non esistenza sono predicati che si possono attribuire a oggetti sui quali è possibile pronunciarsi, dunque già esistenti. Con ciò Husserl intende dire che non sono questi predicati a determinare l’intenzionalità bensì il contrario.
[28] Secondo la tesi di Brentano, ogni atto intenzionale (vissuto) o è una rappresentazione oppure ha alla sua base una rappresentazione.
[29] Brentano lascia in eredità ai suoi allievi tre problemi cruciali: 1. La vaga equiparazione tra contenuto e oggetto da cui segue il panintenzionalismo; 2. Il problema classico dell’associazione senso interno (immanenza) = evidenza massima, senso esterno (trascendenza) = evidenza manchevole; 3. L’inscatolamento dell’intenzionalità nella coscienza, e dunque quest’ultima come contenitore della prima che ne è il contenuto.
[30] Qui Husserl parla dei vissuti intenzionali e dei loro contenuti, della coscienza intenzionale (epistemica), della teoria dell’intenzionalità e dei significati di rappresentazione a partire dalla tesi formulata da Brentano.
[31] Nell’ultimo capitolo della Quinta Ricerca Husserl fornisce un elenco estremamente dettagliato dei significati di rappresentazione, aggiungendo cose che in precedenza non aveva menzionate.
[32] La rappresentazione come materia d’atto o materia intenzionale. Così scrive il filosofo in apertura del sesto capitolo della Quinta Ricerca:
«Rappresentazione come materia d’atto; oppure, come potremmo anche dire compiendo un’integrazione del tutto ovvia; rappresentazione come rappresentanza che si trova alla base dell’atto, cioè come statuto completo dell’atto, a eccezione della qualità […].», Edmund Husserl, Ricerche logiche, Quinta Ricerca capitolo sesto, p.581.
[33] Filosofia della mente.
[34] Filosofia della logica.
[35] Epistemologia generale.
[36] Dall’intervista al fenomenologo tedesco Klaus Held “La fenomenologia di Husserl”.
[37] Anche il più radicale degli scettici, ossia René Descartes, per esercitare il suo dubbio iperbolico dovrà assumere un fondamento indubitabile, il cogito.
[38] In alcune posizioni epistemiche l’idea di soggetto, realtà e mondo sono date per scontate, senza giustificazione alcuna.
[39] «Logon didonai».
[40] «Tutta la storia della filosofia occidentale non è che una serie di note a margine della filosofia di Platone.», Alfred North Whitehead.
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Bibliografia
Edmund Husserl, Ricerche logiche, il Saggiatore, Milano, 2015;
Edmund Husserl, Logica formale e trascendentale, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2009;
Felice Masi, Fenomenologia dal punto di vista empirico, Scholé Editrice Morcelliana, 2023.
Sitografia
Canale YouTube professor Lucio Cortella, video “Husserl-1. La fenomenologia”:
https://youtu.be/aGHG5SFFR6g?si=da124JzHSBxGaqUl
Canale YouTube Peri politeias, dall’intervista al fenomenologo tedesco Klaus Held “La fenomenologia di Husserl”:
https://youtu.be/8Oxys5SKLhY?si=s1rrMcoyqyaKpwd4
Canale YouTube Filosofandofacile, video “Husserl e la fenomenologia”:
https://youtu.be/kq0_7AJvmYM?si=VCWkF97i0oDmxPQa
Sito Ontologismi.WordPress.com, articolo di Alessandro Benigni, “Introduzione alla fenomenologia di Edmund Husserl capitolo 2. La novità della fenomenologia.”: