“Disse un giorno il mio vecchio compagno durante una passeggiata nella foresta: “Si tratta di capire che la vita e la morte sono due aspetti della stessa cosa”. Arrivare a questo è forse la sola vera meta del viaggio che tutti intraprendiamo nascendo: un viaggio di cui io stesso non so un granché, tranne che la sua direzione – ora ne sono convinto – è dal fuori verso il dentro e dal piccolo sempre più verso il grande”.
(Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra)
La vita e la morte
Cos’è la vita? E cos’è la morte?
Sembrano due concetti distanti ma, in realtà, sono due capi opposti dello stesso filo che è la nostra esistenza.
Hanno provato a spiegarcelo in tantissimi, filosofi, saggi, maestri, preti, ma spesse volte facciamo finta di niente, o cambiamo argomento il più in fretta possibile, perchè parlare di morte è un taboo ancora troppo grande e associare questo concetto alla vita è un errore, non è produttivo, perché ci distogliere dal vivere la vita, “quella vera”.
Ma qual è la vita vera? Quella in cui siamo concentrati ad accumulare beni materiali? Quella in cui ci poniamo obiettivi come acquistare l’ultimo modello di smartphone o la macchina di lusso? O, magari, quella vita in cui il nostro obiettivo è conquistare titoli universitari, arrivare il più in alto possibile a lavoro, acquisire potere, guadagnare di più, sempre di più, anche correndo il rischio di danneggiare e far male agli altri, che rappresentano solo un ostacolo sul nostro cammino verso il successo?
Se pensare esclusivamente alla vita in questi termini, al momento presente, al qui e ora, porta a questi risultati, allora la vita è sopravvalutata. Bisognerebbe pensare un po’ di più alla morte.
Perché, probabilmente, è soltanto pensando un po’ di più al concetto di morte, è solo pensando alla caducità della vita stessa che possiamo concentrarci su ciò che davvero è importante per poter vivere così una vita davvero autentica.
Ben lungi dal voler fare una lezione morale (non avrei né le competenze né le giuste qualità morali), ritengo che quelli del denaro, potere, beni materiali, siano soltanto degli ideali illusori che non fanno altro che allontanarci dalla vita, questa volta sì quella vera, quella autentica.
Proverò ad analizzare il concetto di vita autentica attraverso le parole di Vito Mancuso che, personalmente, ritengo davvero illuminanti.
L’inautenticità e l’ostacolo della menzogna
Autentico deriva dal greco autòs, cioè sé stesso e significa “che è sé stesso”.
L’autenticità è un concetto soggettivo e per poter scoprire la propria autenticità, occorre scavare dentro sé stessi. Scavare a fondo. Scavare nel profondo.
Ma è un processo tutt’altro che facile, perché il paradosso è che molto spesso è proprio dall’interno del sé nascosto che nascono le cause dell’inautenticità.
L’inautenticità è una caratteristica esclusiva dell’essere umano, perché solo l’essere umano è in grado di introdurre nella propria vita la menzogna, la falsità, il raggiro.
Il perché questo accade, può dipendere da molti fattori e quello più importante è rappresentato da una volontà di fuga dalla realtà.
Si cerca di fuggire dalla realtà per una specie di istinto di sopravvivenza, perché la vita a volte può essere una prigione, una trappola.
Mentire serve dunque a uscire (almeno con la fantasia) da una situazione in cui ci si sente imprigionati; la prigione auto-costruita può avere forme diverse e può essere rappresentata dal proprio corpo oppure dal proprio carattere o, ancora, dalla propria condizione sociale.
Questa via d’uscita rappresentata dalla menzogna, però, è assai perniciosa, perché la menzogna incatena ancora di più e fa sprofondare ulteriormente.
Il problema precipuo è che le menzogne, nella quasi totalità delle volte, sono talmente tanto radicate nel profondo da essere inconsce e, dunque, ancor più difficili da individuare e smascherare.
Ma individuarle e smascherarle, anche se estremamente difficile, è l’unico modo per poter intraprendere la strada dell’autenticità.
Per superare l’ostacolo della menzogna, dunque, occorre uscire da sé, abbandonare i propri interessi immediati, quelli che stanno in superficie, e buttare via tutte le maschere che nella vita sono state create e collezionate.
Infatti, per dirla con Mancuso, “la vita è un teatro, a volte tragico, a volte comico, e chi la conosce sa che deve cambiare maschera ogni volta che cambia la scena a per questo ne possiede una ricca collezione che mette e toglie con disinvoltura: con i più deboli la maschera del duro, con i più forti la maschera del simpatico, …”.
Essere autentico
Spogliarsi di tutte le menzogne e smettere di mentire a sé stessi, vuol dire poter finalmente vivere la vita a un livello più profondo e acquisire così la qualità morale più bella: quella dell’autenticità.
E per spiegare l’autenticità, Mancuso espone un concetto caro a Shakespeare, tratto dalla sua tragedia più famosa in cui Orazio dice a Amleto, a proposito del padre defunto, che “era un vero re”, al che Amleto risponde “era un uomo”, facendo comprendere che dicendo “un uomo” intendeva un’altissima qualità morale.
E dunque, cosa fa di un uomo, un vero uomo, un uomo autentico?
La risposta può essere costituita attorno a tre tesi:
- L’uomo autentico è l’uomo libero.
- L’uomo autentico è l’uomo libero anzitutto da sé stesso.
- L’uomo autentico è l’uomo che vive per la giustizia, il bene, la verità.
Si può affermare quindi che la libertà rappresenta l’elemento essenziale affinché un uomo possa essere considerato un uomo autentico e una vita, una vita autentica.
Autenticità intesa come libertà nei confronti del mondo esterno, che cerca di costruire i vari soggetti a proprio piacimento attraverso l’inconscio collettivo.
Autenticità intesa come libertà da sé stesso, perché come si è visto in precedenza, spesse volte un uomo mente a sé stesso per fuggire dalla realtà.
L’uomo autentico è quindi l’uomo libero “da ogni servilismo esteriore, che non si inchina a baciare la mano di nessuno, né desidera che qualcuno si inchini a baciare la sua, atteggiamenti che contrassegnano l’esistenza all’insegna del potere e non della libertà. Ed è libero da ogni servilismo interiore, ripulisce la mente da parole e concetti uditi da altri, se non ne è fermamente convinto”.
Un uomo autentico è colui che non obbedisce, pensa.
“Ma pensa per cercare di obbedire alla verità, perché sa che la più dura prigionia è quella verso sé stessi e che essa può essere sconfitta solo da un amore più grande di quello verso se stessi, l’amore, appunto, per la verità”, per il bene e per la giustizia.
Conclusione
Nel teatro della vita siamo circondati da infiniti ostacoli che ci spingono ad essere inautentici.
Dal mentire a noi stessi per rendere meno amara la vita reale fino all’inconscio collettivo che ci vorrebbe tutti uguali, ovvero soggetti che hanno un sistema di valori (come denaro e potere) e desideri (come l’ultimo modello di smartphone, le scarpe alla moda, l’auto di lusso) tutti standardizzati.
Il risultato è che siamo degli esseri umani assopiti, incatenati, siamo degli zombie che vanno avanti in modo macchinoso, senza mai dubitare di nulla.
Siamo troppo egoisti, troppo concentrati su noi stessi e sulle nostre vite, troppo impegnati ad apparire in un certo modo agli occhi degli altri.
Non siamo liberi.
E di conseguenza non viviamo una vita autentica.
Se solo volessimo, avremmo il potere di cambiare il mondo, per davvero.
Dovremmo svegliarci da quel torpore e tornare ad essere liberi, perché per dirla con le celebri parole dell’Ulisse dantesco, “alla luce della nostra essenza di uomini, la vita è quella vissuta all’insegna del bene (virtute) e dell’amore per la verità (canoscenza)”.
Dovremmo quindi metterci in viaggio alla ricerca dell’autenticità, un viaggio che inizia dall’uscita da sé, necessaria per potersi spogliare di tutte le menzogne e le bugie, e procede verso la realtà, verso la ricerca della verità che non può far altro che condurre alla vera essenza del sé, alla vera essenza del mondo.
E se riuscissimo a sentirci davvero parte di questa essenza, anche solo per un istante, ci renderemmo conto di quanto possa essere meraviglioso questo mondo.
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