L’urgenza e il capolavoro

Oggi, proseguendo la ricerca che sto cercando di esporre sul significato della cultura, vorrei parlare del massimo complimento creativo di essa: il Capolavoro.

Il capolavoro richiede l’urgenza, e l’urgenza richiede di innalzare la vita alla sua massima potenza. Essa scaturisce in noi dal momento in cui, ricordandoci la finitudine e la morte intrinseca al nostro stesso essere, imponiamo ad esso un dirottamento, un’improvvisazione perentoria che generi una nuova modalità dello stare al mondo. Nell’urgenza ogni tempo è agghiacciante, poiché noi stessi lo fermiamo, lo inchiodiamo e ce ne assumiamo la croce. Decidiamo che non è più possibile un atto estensivo ma un impeto intensivo, il che significa che l’urgenza vive longitudinalmente il tempo, ne seziona l’istante scavalcandone ogni suo più recondito ed infinitesimale tratto. L’urgenza è connessa all’atto; essa è un’immagine degli occhi trasmessa alla forza delle mani, istantaneamente. Non ha storia, né racconto, è puramente presente e violentemente attuale. Di conseguenza, una simile urgenza, tanto perfetta e ineguagliabile, non è stata mai raggiunta fin’ ora da alcun essere umano che fosse in grado di esibirla qualitativamente, con licenza d’autore, altrimenti non avremmo la necessità di scrivere queste cose. Ciò che noi scambiamo per urgenza è il presentimento di essa. Noi, quando siamo al culmine patologico del nostro sentire nel tempo, e allora proviamo una certa angoscia ed una fretta ingovernabile, non siamo nell’urgenza, ma siamo nello stato d’animo che la invoca, la richiama, eppure questa non arriva. Perché l’urgenza è il mistero stesso che muove le cose. Tutto intorno a noi si muove nell’urgenza: siamo solo noi a non averla concretamente, ma solo astrattamente. Eppure, in potenza, siamo gli unici esseri a poter sperimentare un’urgenza mirata, meditata, direzionata, riconvertita dall’astratto alla materia volitiva, e il suo scopo sarebbe quella di provocare un evento tanto radioso ed elevato da poter finalmente trasgredire la nostra stessa vita e rivoluzionarci. Le opere d’ arte, i grandi gesti combattivi, la solennità di alcuni momenti storici e artistici sono sorti nell’interiorità di coloro che, perdendo transitoriamente la propria volontà, fondendosi completamente nell’essenza del mondo, hanno partecipato a quell’ urgenza primaria che le pertiene. Per questo diciamo che si sono dati dei capolavori, delle rivoluzioni, delle immensità creative che hanno sì impattato sulla natura umana, ma come un graffio s’un muro di gomma, non come uno schianto di noce definitivamente disvelata nel suo prezioso interno. Perché il capolavoro padroneggiato, la signorìa dell’urgenza mai è avvenuta. Nessuno ha mai davvero sperimentato la massima felicità, la “grande gioia” che presente la filosofia: ecco perché, rappresentandola sempre astrattamente e a posteriori, e prendendo come suo più alto riferimento i maggiori tentativi di capolavoro effettuati nel corso dei secoli, noi andiamo ancora cercandola, parliamo di essa, le facciamo la corte, e essa è il principale movente travestito in mille forme che agita le coscienze di ciascuno. Ma in realtà stiamo blaterando intorno a un fuoco fatuo, proprio perché ne presentiamo la sua reale bellezza qualora mutasse in reale incendio. Ecco perché tutta la filosofia, tutta la letteratura, tutta la storia umana in definitiva altro non è che questa dicotomica condizione: il resoconto di una perenne Utopia.

L’articolo è soggetto a Copyright© secondo la Legge 22.04.1941 n. 633 (Legge sulla protezione del diritto d’autore), per maggiori informazioni consultare Termini e condizioni.

Un commento

  1. Cristiana Zarneri

    Complimenti, altro eccellente scritto.
    L’ urgenza e’ come l’oltre.
    Compimento di atto d’ amore unico, quindi capolavoro dell’io. Ed e’ per pochi eletti.
    Altro eccellente scritto
    Cristiana Zarneri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *