Lettera sulla cultura

Scrivo questa lettera non solo a mio proprio sostegno, ma soprattutto perché percepisco nell’oscurità empirica dei miei giorni quella che potrebbe essere la rovinosa caduta di una distinta tipologia umana, detta in parole correnti di un’intera classe di lavoratori.

Per la mia esperienza, giorno dopo giorno, è in atto una notevole perdita di sensibilità nei confronti della parola. E non parlo soltanto di una generalizzata apatia nei confronti della parola offensiva, che dovrebbe ferire e suscitare indignazione, o dinanzi a quella propagandistica, che dovrebbe squalificarne il valore sincero e acuire il pensiero critico. Parlo anche e soprattutto di una grave desensibilizzazione nei confronti di quella parola direttamente connessa alle forze motrici della vita: la parola creativa, quel genere di espressione verbale che dovrebbe, cioè, emozionare ed elevare il nostro modo di relazionarci.

L’atteggiamento odierno prevalente nei confronti della poesia è una sorta di tacita indifferenza: non si ha più il tempo di sentire.

Ma il problema è questo: il tempo del sentire è il tempo infinitesimale che permette la percezione profonda delle cose. La soglia dell’attenzione non si è svalutata solo nella qualità estensiva, ma soprattutto in quella intensiva, ovvero nella capacità di percepire l’impatto subitaneo e non filtrato che dovrebbero avere su di noi le manifestazioni creative. In poche parole: così come oggi manca la comprensione sostenuta e duratura del verbo, manca anche e soprattutto l’attraversamento longitudinale del singolo istante, la congiunzione profonda che sola può permettere il sentimento poetico, ciò che muove ogni cultura.

Come percepire l’esplosione di una trovata poetica, di un accostamento nobile, divergente, emozionante o persino ironico di parole se non si ha più quel tempo piccolo, quell’infinitesimale tempo interno, se non si ha in definitiva il tempo della pelle d’oca?

Bene: mi tento a divenir più pratico, stringente, altrimenti rischio di non filtrare.

La meraviglia del lavoro poetico e artistico/culturale/creativo in generale è proprio questa: percepire sostentamento per la scaturigine della bellezza, sostentamento da trasformare in nuova scaturigine, con cui vivere per condividere pelle d’oca e occhi commossi.

Uno dei pochi lavori, lavori veri, in cui il denaro è puro mezzo per vivere, per sostenersi al fine di produrre la propria arte e di averne la materiale possibilità.

Non concordo con il sistema del denaro, con il sistema retributivo: ma evitiamo l’argomento. Muoviamoci sulla linea di ciò che è ora urgente e fondamentale.

Questa gravissima perdita di sensibilità significa per un lavoratore dell’arte perdita di pubblico, oltre che di nobile condivisione: e questo significa a sua volta perdita di denaro, perdita quindi di possibilità abitative, d’indipendenza, di sostentamento, di benessere psicofisico.

Oltre alla perdita individuale, gravosa, di tempo sottratto allo studio e alla produzione della propria arte, vi è un’imponente perdita ai danni della collettività e alle sue risorse lavorative più progredite, quelle del pensiero.

Quante case editrici, quante associazioni, fiere, festival, istituzioni fondano il proprio mercato sulla produzione artistica? Quante di esse, infatti, sono sempre più inclini, per attivare consenso pubblico e quindi poter tener su la propria baracca, a livellare sino al fondo la qualità culturale delle proprie vendite?

Il risultato di tutto questo, derivante dalla scarsa sensibilità pubblica verso la poesia, la letteratura e l’arte non potrà che essere il totale decadimento di questo settore umano.

Pensateci: con quale dignità può uno stato proclamarsi rigoglioso se non possiede un settore artistico-letterario funzionante? Quale facciata, quale pubblicità potrà permettersi dinanzi al mondo? Uno stato che dietro di sé non ha radici filosofiche non ha pensiero elaborato a muovere le proprie azioni?

Qui difatti torniamo all’individuo, al singolo: io ho tutto il diritto nonché il dovere di affermarmi quale sono, per le mie capacità non solo naturali ma lungamente coltivate, per le mie passioni, per i miei studi personali. Imporre ad una dimensione giovanile di poeti e filosofi un ripiego assolutamente estraneo al loro proprio modo di esprimersi, al solo disperato scopo di portare il pane a casa o permettersi una vita sufficientemente indipendente è un fenomeno assurdo, a cui ormai siamo sempre più assuefatti. È scontato che un giovane sudi 12 ore al giorno sotto al sole d’estate per permettersi una breve vacanza o pagare un affitto o, peggio ancora, un’università, magari fuori sede in una grande città: ed è scontato che le sue eventuali passioni spontanee vengano perciò declassificate a mero Hobby privato, spesso sempre più allontanato.

Scarnificati, stanchi, delusi, come potranno portare la propria voce al paese d’appartenenza, al mondo, all’universo che li circonda?

Io credo sia assolutamente necessario che il settore letterario-artistico-culturale insorga e trovi la propria collocazione nella dimensione lavorativa dello stato.

Questo significa avere tutti i sostegni, i diritti, i servizi e il benessere adeguati ad un’esistenza sana e produttiva.

Per arrivare a ciò, è necessaria una intensa e lunga re-sensibilizzazione sociale in merito.

L’Italia deve muoversi affinché la questione culturale divenga un fenomeno di ordine pubblico, in tutto lo stivale, che occupi gran parte degli eventi sociali del paese, attraverso non solo un’imponente rivoluzione verbale organizzata che possa sensibilizzare quante più comunità possibili, ma anche attraverso uno spazio social e sociale in cui permettere lo svolgimento culturale, amplificandolo. Significa appropriarsi di strade, siti internet e mezzi di informazione in modo brillante e coeso.

Io ci sono.

Non posso esporre qui un progetto così profondo e radicale: dobbiamo farlo insieme.

Facciamo catena, cordone ombelicale.

L’articolo è soggetto a Copyright© secondo la Legge 22.04.1941 n. 633 (Legge sulla protezione del diritto d’autore), per maggiori informazioni consultare Termini e condizioni.

2 commenti

  1. Impossibile non essere d’accordo.
    Vero l’enunciato, distante la realtà.
    Facciamo germogliare questo seme e tutti quelli che spero arriveranno.

  2. Cristiana

    Uno scritto impeccabile.
    Parole che toccano, queste sono parole da pelle d’oca!
    Un urlo gentile di verità assoluta. Lo dovrebbero ascoltare, si perché questo scritto come musica si ascolta, trasforma le parole in note toccanti. Da applauso.
    Cristiana

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