Letture novecentesche di Spinoza: Gilles Deleuze (9)

Oggi nel discorso pubblico si sentono spesso affermazioni di cui percepiamo l’inadeguatezza rispetto al merito dei temi per cui vengono fatte. Le idee che vengono espresse sentiamo che non sono affatto adeguate. Ma quando possiamo dire che un’idea è adeguata? Nel saggio Spinoza et le problème de l’expression (1968, tr. it. Spinoza e il problema dell’espressione, Quodlibet, Macerata, 1999), Gilles Deleuze (1925-1995) analizza questo aspetto del pensiero spinoziano con la solita acutezza. La formula utilizzata spesso da Spinoza è la seguente: le nostre idee delle affezioni (che per Spinoza sono ciò che accade nella mente e nel corpo) indicano la costituzione del nostro corpo, ma non spiegano l’essenza e la natura dei corpi esterni. In altri termini, le idee che noi abbiamo sono segni, immagini indicative che sono impresse in noi, ma non sono idee espressive formate da noi; sono percezioni o immaginazioni, ma non comprensioni. Le idee che abbiamo, frutto del caso, puramente indicative, utili alla ricognizione, sono inespressive, ossia inadeguate. L’idea inadeguata non è né una privazione assoluta né un’ignoranza assoluta, implica semplicemente una privazione di conoscenza. La conoscenza di cui siamo privati è duplice: conoscenza di noi stessi e dell’oggetto che produce in noi l’affezione di cui abbiamo l’idea. L’idea inadeguata è quindi un’idea che implica la privazione di conoscenza della sua causa, sia formalmente che materialmente. In tal senso è inespressiva, “tronca”, come una conseguenza priva di premesse. Nell’idea inadeguata, però, si devono distinguere due aspetti: essa “implica la privazione” della conoscenza della sua causa, ma è anche un effetto che “implica” in un certo qual modo questa causa. Riguardo il primo aspetto, l’idea inadeguata è falsa, ma, riguardo il secondo, essa contiene qualcosa di positivo, quindi di vero: si tratta di una sorta di indicazione che può essere colta con chiarezza. La facoltà di immaginare, per un certo verso, è pur sempre una virtù, poiché implica la nostra potenza di pensare, anche se non è spiegata da essa. L’immagine, pur non esprimendola, implica la sua causa. Questo perché l’idea adeguata è l’idea che esprime la propria causa e che si spiega attraverso la nostra potenza. L’idea inadeguata è invece l’idea inespressiva e non spiegata: l’impressione che non è ancora un’espressione, l’indicazione che non è ancora una spiegazione. Per Spinoza, la verità è come la libertà: non è data fin dall’inizio, ma è il risultato di una lunga attività, nel corso della quale si producono le idee adeguate. Da questo punto di vista, l’ispirazione spinoziana è profondamente empirista e non razionalista. Per un razionalista, infatti, la verità e la libertà sono prima di tutto diritti, di cui egli si chiede come si possano perdere, cioè come si possa cadere in errore o perdere la libertà. In una prospettiva empirista è esattamente il contrario: quel che sorprende è che gli uomini possano talvolta conoscere il vero, talvolta intendersi tra loro, e talvolta liberarsi da ciò che li imprigiona. Uno dei paradossi di Spinoza consiste nell’aver ripreso le forze dell’empirismo per metterle al servizio di un nuovo razionalismo, fra i più rigorosi che siano mai stati concepiti.

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