Inglese, nato e vissuto tra la fine del 1500 e il tardo 1600 Thomas Hobbes criticò la Teoria di Descartes riguardo le “idee innate”.
Hobbes, infatti, riteneva che la conoscenza fosse (o sia) il risultato delle esperienze. La conoscenza è dunque una realtà “tangibile”, che si traduce nella vita reale in pesi, chilometri da percorrere su strada calpestabili, quantità, relazioni ed azioni. Questo apre una strada: la deduzione tramite cui attiviamo il nostro sapere in merito alla memoria.
Questo processo ci indica che Thomas Hobbes, il quale non si dichiarava ateo, non poteva parlare di Dio, non sapeva cosa dirne o quantificarlo presenzialmente, dato che l’esperienza non c’era. È Trascendenza, Dio.
Ogni soggetto potrebbe solo avere una “personale e vaga idea di Dio”. Per fede, allora (chi la sente) si affidi alla Bibbia.
In una diatriba con un religioso del suo tempo, volendo confermare questa vaga idea di Dio, Hobbes sostiene che Dio non può essere incorporeo, altrimenti dovremmo sostenere (per esperienza) che Dio non esiste.
A noi la scelta: una vaga idea di Dio, o una non accettazione degli eventi che siano o meno a Lui legati?
L’articolo è soggetto a Copyright© secondo la Legge 22.04.1941 n. 633 (Legge sulla protezione del diritto d’autore), per maggiori informazioni consultare Termini e condizioni.
Concepire un’entità irrazionale con i sensi è impossibile, credo.
Giuste le osservazioni di Hobbes, ma forse era un po’ limitato dal suo punto di vista.
Ottima esposizione!