Il filosofo Robert MISRAHI (1926-2023) non solo ha dedicato molti studi al pensiero di Baruch Spinoza (1632-1677), ma ne ha fatto un caposaldo della sua filosofia di vita. Nella sua autobiografia dal titolo La nacre et le rocher (Editions Le Belles Lettres) pubblicata in Francia nel 2012 egli scrive: “Cercherò di svelare e chiarire le motivazioni e le prospettive che, nel corso della mia vita, hanno animato la mia azione, giustificato i miei progetti, dato corpo e sangue alla mia esistenza. In una parola, quello che chiamo il mio Desiderio. La forma, oggi, sarà scritta e riflessiva, anche se, un tempo, questo Desiderio fu vissuto come spontaneità o come riflessione” (p. 21, traduzione mia). Di che Desiderio parla qui Misrahi? Del Desiderio inteso come Désir pensable (desiderio pensabile) nella più pura accezione spinoziana. Per Spinoza il Desiderio, cioè la ricerca della gioia è l’unica radice dell’esistenza. Essendo unico, il Desiderio può produrre o la passione o l’azione: “A tutte le azioni a cui siamo inclinati da un affetto che è una passione, noi indipendentemente da esso, possiamo essere piegati dalla ragione” (Ethica, IV, Proposizione 59). È, infatti, necessario che la mente possa essere cosciente del suo proprio Desiderio, per potere ad uno stadio superiore, conoscerlo adeguatamente e farlo con ciò passare dalla passività all’attività: se un affetto “cessa di essere un affetto appena ce ne formiamo un’idea chiara e distinta” (Ethica, V, Proposizione 3) è ancora una volta necessario che questa idea possa essere formata: ciò non sarebbe possibile se il Desiderio non fosse già l’idea di un’affezione del corpo. Soddisfatta questa condizione, si comprende facilmente la seguente possibilità: “Non c’è alcuna affezione del corpo della quale non ci possiamo formare un qualche concetto chiaro e distinto” e a questo punto – come scrive Misrahi (cf. Spinoza, la vita, il pensiero, testi esemplari, Accademia-Sansoni editori, Firenze, 1970, p. 116) ma solo a questo punto sarà possibile rovesciare il senso del Desiderio e fa sì che una passione divenga un’azione. Il fatto è che l’immaginazione, conoscenza inadeguata e confusa, non è contraria al vero e non si oppone al suo sorgere. Purtuttavia l’immagine non scomparirà, ma il Desiderio verrà rovesciato e il comportamento sarà da quel momento non una passione, ma un’azione. L’individuo, mediante la conoscenza adeguata, sarà divenuto “cosciente di Dio e delle cose” (Ethica, V, Proposizione 42, scolio) proprio lui che, prima di tale conoscenza di sé era “incosciente della propria sorte e del proprio destino”. Questa forma di dispiegamento del Desiderio integra il vero atto libero. Un individuo affettivo, che ha per essenza una coscienza del suo Desiderio, un Desiderio di vera potenza, può sempre divenire coscienza, sapiente e consapevole dei suoi affetti al fine di identificare sé stesso, grazie a questa sua conoscenza, nel perseguimento della potenza e dell’esistenza vera: “…ciascuno ha il potere di conoscere sé e i suoi affetti … in modo chiaro e distinto” (Ethica, V, Proposizione 4, Scolio). Misrahi conclude dicendo; “Ne consegue, in ultima analisi, che la conoscenza adeguata è proprio lo strumento della libertà: essa non agisce mediante una sua supposta potenza magica, ma, sostituendo il reale all’illusorio e il tutto alla parte, permette al Desiderio passivo di rovesciare se stessa e farsi Desiderio attivo” (cf. Misrahi, R., Spinoza, cit., p. 117).
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molto esaustivo. complimenti all’autore che ha dato il proprio contributo ad un autore contemporaneo. dai contenuti interessanti.