Baruch Spinoza (1632-1677) ritiene che il nostro corpo, come ogni altro corpo, “è mosso in modi diversi in relazione alla diversa natura dei corpi che muovono” (Etica, II, Proposizione XIII, Lemma III, Assioma I, in Spinoza, Opere, I Meridiani Mondadori, 2007, p. 852). Spinoza arriva a parlare di “un corpo umano … composto da moltissimi individui di natura diversa” in quanto “può essere affetto in moltissimi e diversi modi da un solo e medesimo corpo” (Etica, III, Proposizione XVII, Scolio, cit., p. 914), fornendoci un suggestivo spunto di quella teoria della personalità come “confederazione di anime sotto il controllo di un io egemone” che venne sviluppata a cavallo tra il XIX ed il XX secolo dagli psicologi Théodule-Armand Ribot (1839-1916) e Pierre F.M. Janet (1859-1947), teoria che nel capolavoro di Antonio Tabucchi (1943-2012) Sostiene Pereira (1994) viene illustrata dal dottor Cardoso a Pereira in una gustosa pagina del romanzo. Spinoza vuole dirci che questa complessità permette al nostro corpo di essere causa efficiente di affetti tra loro contrastanti senza che questo fatto debba essere considerato un’anomalia. Anzi, rientra nella normalità della fisica dei corpi che “un solo e medesimo oggetto possa essere causa di molti e contrari affetti” (Etica, III, ibidem). Ciò vale anche quando, di fronte ad un oggetto nei confronti del quale non proviamo né gioia né tristezza – per cui possiamo dirci indifferenti rispetto ad esso – nel momento in cui esso potrebbe venire associato ad un oggetto che invece ci procura tali passioni, ecco allora che anche quell’oggetto diventa per noi causa, rispettivamente, di gioia o di tristezza non direttamente, però, ma per accidente. Pensiamo, ad esempio, alla foto di una anonima strada della nostra città. Se quell’immagine, prima che in quella strada incontrassimo la persona che divenne poi il nostro miglior amico o si verificasse un incidente che fece perdere la vita al nostro miglior amico, non provocava in noi alcuna passione, dopo quegli eventi susciterà in noi, rispettivamente, gioia e tristezza “per il solo fatto che ha qualcosa di simile all’oggetto che è solito suscitare in noi gli stessi affetti” (Etica, III, Proposizione XV, Scolio, cit., p. 912), cioè, nel nostro esempio, la vita del nostro migliore amico. E qui Spinoza introduce i concetti di simpatia ed antipatia come passioni la cui causa non sta negli oggetti che le fanno nascere, ma nell’associazione, quasi sempre inconsapevole, che essi hanno con oggetti che invece siamo ben consapevoli di amare o odiare. Quando l’amore e l’odio per certe cose non ha causa nelle cose stesse che lo suscitano in noi, per Spinoza, si chiama, quindi, simpatia o antipatia. “Da qui comprendiamo come possa accadere che amiamo e odiamo certe cose senza alcuna causa da noi conosciuta, ma soltanto (come dicono) per simpatia o per antipatia” (Etica, III, ibidem). Spinoza ravvisa quindi in questa legge dell’associazione, ossia il darsi di un affetto accidentale associato all’affetto principale del quale siamo consapevoli, la misteriosa esperienza della simpatia e dell’antipatia.
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