Si è visto che, per Baruch Spinoza (1632-1677) la ragione più profonda che determina l’insorgere delle passioni nell’animo umano è una causalità che egli, però, non crea, perché parte di una Natura che l’ingloba. L’essere umano va, pertanto, compreso nella sua naturalità, perché fuori da questa prospettiva non è intelligibile e non è possibile fondarne la libertà. Le categorie di merito e di demerito, di colpa, di azioni buone o cattive, sono nozioni soggettive vaghe e antropomorfiche con cui la filosofia non ha nulla a che spartire. La schiavitù dalle passioni non va vituperata, ma va capita. Per capirla va fatto un passo ulteriore, dopo avere rilevato come essa nasca da una conoscenza inadeguata che l’uomo ha di sé e dalla costitutiva finitezza del suo essere. Ma perché le passioni trovano un livello così alto di passività nell’animo umano? Per rispondere Spinoza propone una teoria della passione che intende analizzare l’essenza intima dell’affezione che la muove, invece di situarla semplicemente nel determinismo dei fenomeni naturali di cui, comunque, è certamente parte. Non si dimentichi che Spinoza, così come rigetta la cartesiana dualità sostanziale di corpo e anima, rifiuta una dottrina meccanicistica delle passioni, secondo la quale esse sarebbero la ripercussione nell’anima di fenomeni corporei. Per Spinoza, infatti, non vi è una e vera propria anima, come fosse una sostanza spirituale separata dal corpo, ma vi è solo un’idea del corpo, cioè l’atto cosciente di pensare il corpo (idea corporis) e, di conseguenza non ci sono le condizioni perché l’ordine corporale possa agire su quello spirituale. La passione va quindi compresa nel suo genere proprio, cioè come atto dello spirito, non del corpo. La passione ha la sua radice in quel che viene definito desiderio, un termine che ricomprende tutti gli sforzi, pulsioni, volizioni, inclinazioni che definiscono l’azione e la determinano. Si tratta di quello che Spinoza chiama conatus, quell’energia, quello sforzo di affermazione dell’esistenza, che rende ragione, come sua fonte ed origine, di tutti i pensieri e le azioni umane. Per discernere come le passioni siano quindi modalità di questo famoso conatus occorre interrogarsi sul processo sulla base del quale esso manifesta la propria potenza d’esistere. Tutto nell’essere umano è desiderio, ma non sempre nello stesso modo lo è. Infatti, occorre a questo punto chiarire cosa determini quella confusione delle idee che troviamo all’origine delle passioni. Si affaccia qui un nuovo volto della vim existendi che è costituito dall’immaginazione. Per Spinoza l’immaginazione è un atto dello spirito, perché è un atto intenzionale, cioè destinato ad adempiere ad una funzione o a realizzare uno scopo. L’immaginazione pone come esistenti degli oggetti invece inesistenti in natura, ma di cui lo spirito forma appunto l’immagine. L’immaginazione è un male non in sé stessa, ma nella misura in cui non rende lo spirito umano cosciente della natura del suo atto nel momento in cui lo compie. Del ruolo dell’immaginazione nello scatenare le passioni parleremo nel prossimo articolo.
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