Baruch Spinoza (1632-1677) è un pensatore di sconcertante modernità. Nella sua indagine sull’essere umano si trovano spunti sulle passioni dell’animo umano che forniranno le basi teoriche della psicanalisi. Per le passioni di Spinoza io ho una vera e propria passione. Cercherò di renderne partecipe il lettore in un serie di contributi, di cui questo è il primo. La dottrina di Spinoza sulle passioni dell’animo umano è una delle più acute e solide, perché raccoglie la grande tradizione medievale, soprattutto di matrice aristotelica, innovandola degli apporti che vengono dalla sua visione della natura e della libertà. Spinoza è un filosofo della libertà per eccellenza. Eppure, per lui la libertà, nel senso più pieno del termine, non definisce la situazione più frequente e più spontanea in cui si trova l’essere umano. La condizione più frequente in cui, infatti, si trova è quella dell’impotenza o schiavitù. “Chiamo schiavitù l’impotenza umana nel governare ed inibire gli affetti” (Etica, IV, Prefazione, in Spinoza, Opere, I Meridiani Mondadori, 2007, p. 971). Ora, l’essere umano è, per definizione, desiderio cioè possibilità di passione. In effetti, benché egli sia sempre cosciente del suo appetito, inteso come pulsione a ottenere ciò di cui si è privi o a conservare ciò che si possiede, del suo corpo e della sua natura, l’essere umano non ha necessariamente una conoscenza adeguata, vale a dire totalizzante e vera, di se stesso, del suo corpo e del mondo. Essere coscienti e perseguire la più alta conoscenza d’esistere non significa necessariamente conoscere il vero e attingere la vera gioia; e conoscere il vero non significa necessariamente perseguirlo, perché si può vedere il meglio e fare il peggio. Accade, infatti, che il desiderio, inteso come sforzo costante e cosciente di esistere mediante l’azione, si dispiega attraverso una conoscenza fallace delle cose e non attraverso una loro autentica conoscenza. La filosofia di Spinoza non appartiene all’intellettualismo. La radice dell’esistenza umana non è la conoscenza, ma il desiderio di esistere. Ciò non impedisce che sia per mezzo della conoscenza e della percezione che si dispieghino le azioni e conseguentemente il desiderio. L’intelligenza è il tramite dell’esistenza. Ma da ciò si può comprendere che vi siano più forme d’esistenza: la più frequente deriva da una conoscenza totalmente confusa e tronca. E ciò che si è convenuto di definire come passione. “Le azioni della mente hanno origine dalla sole idee adeguate; le passioni invece dipendono dalle sole idee inadeguate” (Etica, III, Proposizione III, cit., p. 903). Ricordiamoci che l’idea inadeguata è, in effetti, quella che non è idonea al suo oggetto, perché è parziale rispetto alla totalità dell’oggetto, perché essa è confusa rispetto all’identità dell’oggetto stesso. Non conoscere nella sua integralità la totalità delle determinazioni che spiegano il desiderio è come in qualche modo essere incoscienti. L’incoscienza qui non è altro l’assenza di una lucidità totale sulle cause che ci hanno fatto agire. E’, quindi, un misconoscimento di sé.
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