La nostra società, di stampo chiaramente capitalistico, si basa sulla tecnica, sull’automazione dei servizi (e dell’umano) utili all’uomo odierno per vivere una vita più agiata rispetto all’uomo di epoche passate, anche solo di un secolo fa. Questo è dovuto sicuramente alla prospettiva di progresso, di scoperta del nuovo che l’uomo ha insito nel proprio modo d’essere e di pensare.
Già Omero nell’Odissea ci raccontò la storia di un uomo, tale Odisseo che di ritorno dalla vittoriosa guerra degli achei contro i troiani, fu chiamato ad affrontare diverse difficoltà ma nonostante tutto, attraverso la sua caparbia tracotanza nei confronti degli dèi, la furbizia, la curiositas, non si fermò di fronte alle difficoltà che incontrò sul suo cammino, ma le sfidò tutte.
Tenace e indomito, l’eroe greco è una esemplificazione mitica di quello che l’uomo rappresenta nel proprio essere. Infatti, l’uomo è per propria natura indirizzato verso la scoperta, verso il nuovo, verso ciò che non conosce. Oggi più che mai possiamo dire che neanche di fronte alla salute della natura l’uomo si ferma, che per i greci era personificata dagli dèi dell’Olimpo e per noi discendenti contemporanei da qualche parco verdeggiante inserito claustrofobicamente nelle città. L’essere umano, ahinoi, non si è mai fermato e mai si fermerà di oltraggiare e spazzare via ciò che incontra sul suo cammino.
Un tema molto importante quello del rapporto tra uomo e natura. Nei primordi la natura ci permetteva di sopravvivere con i frutti e allo stesso tempo ne eravamo minacciati. Ci dava la vita e ce la toglieva. Attraverso questa antitesi, si può capire come ancora oggi siamo in questo turbinio di incognite e in balia di quest’ultima. Siamo senza sottosuolo, crediamo di essere saldi ma in realtà non abbiamo sostegno sicuro, a prescindere da quale angolo guardiamo con occhi desideranti di aiuto.
Sembra che l’uomo moderno e contemporaneo abbia dimenticato tutto questo e si costituisca come dòminus assoluto, che non si ravveda della possibilità di essere sopraffatto dalla natura delle cose, dal tutto, dall’armonia. Sì, perché noi stiamo debilitando questa armonia, o meglio, “quella” armonia che prima sussisteva e oggi stenta ad esserci nella forma di un tempo.
Qual è il problema di tutto questo, se si pensa che oggi siamo proiettati a vedere curiosamente e ingegnosamente il futuro, peraltro super innovativo e pieno di prospettive capitalistiche positive? È semplice. Proprio questo progresso incurante della Natura e del rispetto dell’ambiente circostante risulta essere il problema maggiore della nostra età.
Bisogna ritornare alla natura delle cose, all’armonia verso l’essere e verso quello che siamo, perché anche noi siamo natura, per la parte buona s’intende. Siamo noi come singoli e poi come collettività a decidere cosa essere e cosa ne sarà della natura del domani. Riflettiamo, siamo ancora in tempo. Forse.
L’articolo è soggetto a Copyright© secondo la Legge 22.04.1941 n. 633 (Legge sulla protezione del diritto d’autore), per maggiori informazioni consultare Termini e condizioni.
Hai maledettamente ragione, abbiamo perso l’essenza di noi, esiste soltanto il branco, incessante segue la massa, non sa di esse una pedina e vive conscio, felice?
Si, Luca, purtroppo la società si è amalgamata e ha perso il senso critico che invece la farebbe riflettere evitando anche di danneggiare se stessa e la natura.